Dopo 16 anni di messa al bando, Pechino ha riaperto le frontiere alla carne bovina italiana.
Ad annunciarlo sono stati il ministero dell’Agricoltura cinese e l’Amministrazione per il controllo della qualità, l’ispezione e la quarantena (Aqsiq), a conclusione dei lavori del comitato governativo Italia Cina presieduto dai rispettivi ministri degli Esteri, Angelino Alfano e Wang Yi. Per ora la rimozione del divieto riguarderà la carne destinata alla produzione di cibo per animali, mentre a breve il via libera sarà dato anche per quella disossata di bovini con meno di 30 mesi per l’alimentazione
umana.
L’accordo con le autorità di Pechino è stato sottoscritto dal direttore generale della Sanità animale e farmaci veterinari, Silvio Borrello. Contestualmente è stato approvato l’elenco degli stabilimenti italiani del pet food autorizzati all’export.
Le autorità cinesi hanno confermato che, a seguito degli esiti favorevoli delle verifiche svolte in Italia lo scorso settembre, procederanno presto a ufficializzare la rimozione dei bandi per l’Encefalopatia Spongiforme Bovina (la più nota Bse, patologia per la quale l’Italia è classificata come “rischio trascurabile” dal 2013) e per il virus di Schmallenberg, quest’ultimo introdotto nel 2012.
“La rimozione del bando sulla carne bovina da parte della Cina, annunciata dal ministero dell’Agricoltura di Pechino, apre le porte a un canale commerciale particolarmente vantaggioso per il Made in Italy, con potenzialità interessanti per le nostre produzioni, in particolare del Nord Italia, che rappresenta circa il 70% del totale nazionale” ha affermato il presidente della Confederazione
degli Agromeccanici e Agricoltori Italiani (Cai), Gianni Dalla Bernardina.
Solo il Veneto alleva il 28%, con 455.000 capi, secondo il Rapporto di Veneto Agricoltura. “Pur consapevoli che la produzione di carne bovina italiana non garantisca l’autosufficienza
– ha osservato Dalla Bernardina – siamo convinti che, una volta varato il protocollo di intesa con i requisiti sanitari, la filiera italiana saprà trovare spazi, grazie alla qualità dell’offerta”.
L’auspicio di Cai è che i tempi per la definizione del protocollo siano rapidi, in modo da consentire operativamente le esportazioni. Sulla stessa linea Coldiretti che osserva come nel 2017 l’export agroalimentare italiano verso la Cina sia cresciuto del 17%: la rimozione del divieto all’ingresso della carne bovina costituisce perciò una grande opportunità per gli allevatori
del nostro Paese. “Nelle stalle tricolori dove si producono carni più sane
perché magre, non trattate con ormoni (a differenza di quelle americane) e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione